Arrabbiarsi è normale!
È normale provare fastidio o insofferenza in certi momenti della nostra vita. È normale arrabbiarsi. La rabbia è un sentimento funzionale e necessario alla nostra sopravvivenza perché trova le sue radici nella nostra capacità di difenderci, attaccando o scappando, ma non solo. La rabbia trova la sua energia nella possibilità di goderci la vita, le esperienze, rimanendo in contatto con i propri bisogni, senza sentire la necessità di rifuggire in una realtà altra da quella che stiamo vivendo o di sopraffare qualcun altro. Grazie a questa energia, sentiamo di essere presenti al cento per cento in noi stessi e nella nostra vita e possiamo muoverci tra le scelte, le relazioni e gli eventi secondo i propri valori e desideri.
Scaricare la rabbia non è sempre utile
Quand’è che la nostra rabbia diventa non utile o addirittura pericolosa, per sé e per gli altri? Quando essa raggiunge un livello di intensità tale che sfugge al nostro controllo. Non è la catarsi, ovvero la liberazione immediata e indisciplinata della rabbia, che consente un riequilibrio. Come è vero che in molti di noi la rabbia trattenuta e/o rimossa provoca o ha provocato una o più forme di somatizzazione e problematiche relazionali o esistenziali, è vero anche che l’espressione della rabbia senza la giusta rielaborazione dei vissuti sottostanti porta, al contrario, ad un aumento della difficoltà di gestirla e ad un disagio interno maggiore. Per “elaborare” non si vuole intendere il mostrarsi non arrabbiati quando in realtà lo si è, ma significa cercare delle strategie per riflettere sul proprio modo di valutare sé, l’altro e gli eventi che accadono in modo tale da comprendere profondamente quali meccanismi o pensieri ci fanno raggiungere il livello di rabbia disfunzionale.
Possiamo trovarci davanti a casi estremi in cui è necessario rispondere immediatamente ed in modo anche aggressivo, come nel caso di minacce o percosse, ma la maggior parte delle situazioni che ci creano rabbia dipendono dalla nostra valutazione dell’evento, così che rischiamo di confondere la rabbia con il senso di frustrazione di nostri bisogni più o meno antichi, recenti o non risolti.
È importante anche precisare che farsi vedere alterati, a volte, può diventare anche un segnale utile per l’altro soprattutto se siamo di fronte ad una persona con cui siamo in relazione stretta, imparando a parlare in prima persona (“Mi arrabbio quando ti comporti così perché…”, non “Tu mi fai arrabbiare perché…”). Un aiuto, in queste situazioni, è osservare quanto l’inibizione della rabbia rappresenta, per noi, paura di perdere l’altro o timore del giudizio che potremmo ricevere rispetto ad un’immagine che siamo soliti dare di noi (ad esempio, quella della “brava persona”).
L’elaborazione della rabbia
Imparare ad elaborare la rabbia è un percorso quotidiano. Innanzi tutto, il primo passo, è sicuramente quello di non negarsi la sensazione interna della rabbia, anche senza necessariamente esprimerla in forma che rischiano di non essere quelle che vorremmo. Infatti, è importante non dimenticare che essa può trasformarsi in un problema sia quando viene agita, che quando viene negata.
Dopo questa fase di accettazione, o in concomitanza ad essa, si può cominciare a riflettere sul modo in cui stiamo valutando gli altri e noi stessi nel momento in cui proviamo rabbia, chiedendoci se è possibile o meno un’alternativa. Ad esempio, possiamo chiederci se dietro la mia rabbia è nascosta paura di essere abbandonato, bisogno di attenzioni e amore o impotenza, e trovare, a partire da questa consapevolezza, una strada per dare spazio a questo vissuto interno, così che esso possa trovare una sua forma di espressione alternativa alla rabbia che mi permetta di soddisfare realmente il mio bisogno (ad esempio, decido di confidarmi con un amico, piango invece di arrabbiarmi e così via).
Un ulteriore elemento fondamentale da tenere in considerazione è che spesso, paradossalmente, le persone più tendenti alla collera o più aggressive e violente, sono proprio quelle che hanno una bassa autostima e considerazione di sé. Dare spazio alle proprie insicurezze, e così anche al proprio valore personale, indiscutibile, può essere una via per allentare la presa su reazioni che non fanno altro che confermare un’idea negativa di noi stessi e ci allontanano dagli altri.
Dialogare con la rabbia: esercizio pratico
Il dialogo interiore può fondarsi su alcune fondamentali domande:
- Quale obiettivo raggiungo arrabbiandomi? Che cosa ottengo?
- Il comportamento dell’altro non mi piace ma è sopportabile?
- Le sue parole sottraggono valore alla mia persona?
- Il suo comportamento è offensivo per me o è un suo problema?
- Che cosa posso fare per fronteggiare la situazione in modo costruttivo?
Prova a fare questo esercizio, cercando di essere totalmente onesto e aperto alla tua verità.
Descrivi una situazione nella quale sei entrato in collera e rifletti sulla domanda “Che cosa mi manda in collera?”.
Completa le seguenti frasi:
- MI ARRABBIO QUANDO…
A esempio: Mi sento escluso, svalutato, sopraffatto, umiliato, imbrogliato, deluso, non amato, sottomesso, imbarazzato, inadeguato, gli altri non corrispondono alle mie aspettative, gli altri violano i miei diritti, gli altri non mantengono le promesse…
Successivamente rispondi alle seguenti domande:
- CHE COSA PENSO MENTRE SONO IN COLLERA?
- CHE COSA OTTENGO QUANDO SONO IN COLLERA?
Rifletti sui pensieri che sono sottesi alle tue reazioni (per esempio, “perché quando qualcuno cambia programma mi arrabbio tanto?”) e successivamente trascrivi il ricordo della situazione conflittuale particolarmente intensa, provando poi a metterti nei panni della persona verso cui hai provato rabbia.
Riferimenti bibliografici
Nanetti F. (2008), Assertività ed emozioni, Sentieri della Mente, Pedragon editore.
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